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La storia vincitrice
“Non ho tempo, ve l’ho detto. Qui, ora, ogni minuto è prezioso. Ci sentiamo domani”
Parla ai suoi genitori quel bambino. Al telefono. Si chiama Mattia. Si chiama pure Giovanni. Anche Lorenzo veramente, e Samuele, Pietro, Nicola. Sono i bambini della vacanza estiva in Romagna. Tutti piccoli eroi coraggiosi.
Perché anche là, in vacanza, ci vuole coraggio. In estate, in collina ma vicino al mare. Con un campo da pallone, e una piscina così grande e azzurra da volersi perdere. Ogni giorno.
Perché qui, il tempo, è coraggio.
Ma se sei bambino di coraggio ne hai da vendere.
“Te lo faccio vedere io se non ce la faccio”.
“Eccome se posso. Guarda”
“Guardami!”
“Sto volando”
Lo si vede negli occhi dei bambini, il coraggio.
Quando proprio in quel momento la consapevolezza affiora.
Dalle acque della piscina.
Non serve coraggio per vivere con l’emofilia. Serve coraggio per vivere bene.
Per lanciarsi con una corda da un albero.
Per tuffarsi mano nella mano.
Per mangiare piselli e verdure bollite.
Per chiedere un abbraccio che ti aiuti a dormire.
Anche per difendere il posto a tavola vicino a quell’amico del quale vuoi sapere tutto.
Ci vuole coraggio per fare tutte queste cose che si fanno solo alla vacanza estiva, per la prima volta soli, senza genitori, fratelli sorelle e nonne.
Si può vedere il coraggio in Matteo, Gabriele, Vittorio… La fierezza nei loro sguardi. La sicurezza. Consapevoli di essere sul punto di compiere un gesto fondamentale.
Si, perché serve coraggio anche a lasciare i genitori a casa per una settimana.
Con le loro ansie e preoccupazioni “È un bambino, è piccolo, non si è mai staccato da noi”
Con i loro gesti così rassicuranti “Non si addormenta senza noi vicino”
Così come ne serve per imparare a fare l’infusione da soli. Entrare in una vena con un ago sottile. Con la propria mano. La pelle che spinge, che fa un po’ male. Il sangue che esce.
Ce ne vuole tanto.
Ma la conquista non ha parole. Quando togli il laccio si srotola subito il sorriso più grande. E parte subito la chiamata a casa: “Sai mamma? L’ho fatto. Ho fatto la puntura. Mi sono trattato da solo. Siii”. Te la immagini l’espressione dall’altra parte del telefono. Ci vuole coraggio anche a non essere presente quando il proprio figlio cresce.
E ci vuole coraggio a diventare grandi per qualche giorno lontani dalla propria mamma. Anche dal papà. Soprattutto quando dipendi da loro e da un minuscolo ago nella vena.

Le storie finaliste (L'ordine dell'elenco non coincide con le valutazioni ricevute ma è puramente casuale)
1.
Amo mia moglie, stiamo insieme da dieci anni ma siamo riusciti a dedicare a noi più o meno tre mesi. Quando ci siamo conosciuti, stavo lottando per ottenere l’affido della mia prima figlia, nata dalla relazione con un’altra donna. Mia moglie mi è stata vicina. Ha combattuto con me, con me ha voluto bene alla...
 
2.
Sono il papà di un bambino emofilico. Il giorno in cui è nato, è stato il più felice della mia vita. Una mattina mia moglie si accorge che il piccolo ha l’inguine gonfio. Il pediatra ci manda in ospedale, dove viene operato d’urgenza. Poi ci comunicano che è emofilico ed in pericolo. Sentii un dolore...
 
3.
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2.
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3.
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4.
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5.
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6.
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