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Roche – A fianco del coraggio
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"Mio figlio nacque nel 1989 con malformazione, a 3 mesi l’intervento, purtroppo le cose si complicarono, emorragia e, a seguito di altra anestesia, blocco di cuore e polmoni. Non si sapeva se avesse passato la notte. “Emofilia A grave”. Si doveva fare uso per il resto della vita di derivati dal sangue, avevo paura di malattie come aids, conoscendo il cosiddetto “effetto finestra”. Il bambino sempre con caschetto, corse in ospedale ad ogni sospetto, anche di notte. Quando il nostro bambino compì 2 anni, io ricevetti l’attestato di infusione, questo ci ha permesso di avere una vita abbastanza normale, ci attrezzammo con un camper, farmaci in frigo e facevamo i weekend e le vacanze liberi. Il problema più grande sicuramente è stato il lavoro per me, per seguirlo bene mi adattai a lavorare di notte, per seguirlo di giorno, non sempre i datori di lavoro tolleravano le mie assenze dal lavoro. Non abbiamo mai ricevuto aiuto da chi aveva il potere, tu stai bene, lui riceverà aiuto da grande. A scuola problemi; le maestre avevano paura, mi chiamavano anche per niente, ho dovuto rilasciare un documento firmato per esonerarle dalle responsabilità, non è giusto, ma questo è servito per farle sentire tranquille e di conseguenza tranquillo il piccolo. Un emartro una volta gli causò un blocco e per 2 anni usò le stampelle, fortunatamente trovammo uno specialista, che ci spiegò: “E’ la sindrome di Sudek, l’organismo capisce che il piede non è utilizzato e non invia calcio”. Magnetoterapia e ginnastiche. Era guarito. Gli anni sono passati, adesso ha 30 anni, non ha mai voluto curarsi con profilassi ma sempre on-demand, e naturalmente è autosufficiente. Aveva difficoltà anche lui a trovare lavoro, a differenza di quello che ci dissero e sebbene disabile. Ora fa l’autista granturismo si sente realizzato ed è per me la soddisfazione più grande. La storia non è finita, mia figlia ha avuto un bambino. Il piccolo ha l’EMOFILIA, la storia si ripete, la cura è molto diversa si usano ricombinanti genetici, è stato inserito sotto pelle un catetere per rendere più pratiche ai genitori le infusioni, genitori che non hanno accettato la malattia. Stanno cercando di iniziare a fare infusioni nel braccio perché il catetere non resterà per sempre. Le sofferenze ci hanno unito molto come famiglia. Nulla è più scontato, apprezziamo ogni cosa, ci vogliamo bene, fare una infusione è parte della nostra vita. "