Sono il papà di un bambino speciale affetto da Emofilia A.
Mia moglie viene già da un'esperienza di emofilia in famiglia, avendo vissuto con suo fratello e suo nonno questa patologia molto sofferente, anche perché negli Anni 90, emofiliaco significava malato. Infatti, in quegli anni non era diffusa una cura efficace, ma era effettuata da emoderivati del sangue umano, poi successivamente, fu introdotta con sostanze sintetiche ricombinanti la profilassi odierna. Mia moglie, mi racconta spesso, come è migliorata nettamente la vita dei piccoli emofilici; lei ricorda con dolore, il travaglio che il fratello subiva quando era piccolo, e anche i tempi di recupero molto lunghi dopo un semplice Emartro, dovuti alla vecchia cura. Oggi, anche avendo un figlio emofiliaco, grazie alla nuova cura e al supporto di ematologi preparati, mia moglie ha notato progressi! Con la nuova profilassi e con i medici che ci hanno supportato, è stato possibile infondere il medicinale a casa, ovviamente dopo aver fatto un corso propedeutico. Ricordo con sofferenza le prime punture effettuate sul braccino di mio figlio (aveva solo 2 anni e mezzo), mi guardava piangendo, giustamente, perché non accettava ancora il trattamento con il fattore VIII, il mio viso si riempiva di lacrime, non riuscivo a sopportare il pensiero che quello scricchiolo mi chiedesse aiuto, ed io non potevo contrastare il fatto che lui, per il suo bene dovesse infondersi. Da allora sono passati quasi 10 anni, e sono fiero di mio figlio, adesso ha accettato la profilassi, e si autoinfonde da solo già da quasi 4 anni, all'inizio ovviamente le cavie siamo state io e mia moglie, per fargli prendere coraggio e anche per fargli capire le vene del braccio come era strutturate. Successivamente io e mia moglie abbiamo deciso che lui avrebbe dovuto fare un'esperienza con altri bambini affetti da patologie, infatti a 6 anni ha partecipato a Dynamo Camp, e posso dire che è stata un'esperienza fortificante per tutti noi e soprattutto per lui. Non dimentico le sue parole: "Mamma Papà, grazie per avermi regalato quest'esperienza, ora ho capito che la mia malattia non è così grave come credevo, qui ho conosciuto persone speciali, ma che non possono compiere tante cose come faccio io"